La canzone d'autore in Italia


PIERO CIAMPI

«Io ho sempre creduto che Piero Ciampi fosse quello che valeva di più fra tutti noi: il più poeta, il più lirico, il più artista... e anche il più folle, certamente.» Così Gino Paoli ha ricordato l’amico musicista a trent’anni dalla scomparsa, in un’intervista del 2010. Il cantautore e poeta livornese ha vissuto con fatica i suoi quarantacinque anni (1934-1980), raccogliendo però la stima e l’affetto di molti colleghi che hanno avuto per lui sempre bellissime parole: non solo Paoli, ma Conte, Dalla, De Gregori e De André che ha detto: «Piero Ciampi aveva torto a pensare che morto un poeta se ne fa un altro. Infatti, quando morì, un altro come lui non c’è più stato».

Il sesto titolo nella collana sulla canzone d'autore in Italia.

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LUCIO DALLA

All’inizio vocalist e strumentista jazz, poi noto can- tante televisivo, dopo la collaborazione con il poeta Roberto Roversi per una terna di album coraggiosi e innovativi Dalla si mette alla prova come paroliere. Si afferma subito, a fine anni Settanta, come uno dei più originali e apprezzati cantautori della scena italiana, grazie alla sua capacità di scardinare le forme tradizionali della canzone e affinando una propria “voce” che farà scuola in molti autori successivi. Nell’arco dei suoi cinquant’anni di attività, Lucio Dalla ha scritto, progettato, prodotto, messo in scena con generosità una propria visione della musica genuinamente popolare.

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LUCIO BATTISTI

«Coesistono nella mia musica il desiderio di fare della musica molto bella e di fare della musica molto popolare, il desiderio di fare musica molto creativa e il desiderio di fare musica molto rozza, perché possa arrivare a un pubblico che magari non ha molto voglia di spremersi la testa e che forse ha pure ragione.»

I musicisti – gli artisti – che dopo aver raggiunto uno strepitoso successo decidono di allontanarsene

rimettendosi completamente in gioco, e addirittura negandosi alle regole dell’inesorabile circo mediatico, si contano in tutto il mondo sulle dita di una mano.

Lucio Battisti è uno di questi.

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PINO DANIELE

Musicista di talento, chitarrista, compositore di canzo- ni che restano nella memoria di intere generazioni, pur senza negarsi agli obblighi della promozione mediatica, Pino Daniele ha mantenuto un profilo autentico e generoso, comunicando la sua irriduci- bile gioia di vivere al grande pubblico, dal suo esordio nella seconda metà degli anni Settanta fino alla prematura scomparsa a soli 59 anni: «Io mi ritengo un uomo molto fortunato. Con tutti gli acciacchi e i problemi che ho avuto nei percorsi della mia vita. Però sono molto fortunato perché, oltre a continuare a fare quello che faccio, ho cinque figli meravigliosi, e ho sempre avuto questo amore per i figli e loro mi hanno sempre aiutato».

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FABRIZIO DE ANDRE'

Anche per Fabrizio De André, l’opera di “beatificazio- ne” è giunta dopo la sua prematura scomparsa, a soli 59 anni. Mentre era in vita De André scontentava molti, cattolici e comunisti, la destra e buona parte della sinistra, per il suo essere dichiaratamente anarchico. Trattava temi troppo scomodi. Nonostante vendesse molti dischi, non si prestava al circo mediatico, non frequentava le vetrine televisive, insomma non batteva la lingua sul tamburo e teneva concerti solo quando decideva di averne bisogno – quasi sempre per contingenti e personalissime esigenze economiche, mai solo per occupare i palco- scenici o restare sotto la luce dei riflettori. E per finire, con buona pace del mercato discografico, realizzava dischi solo quando decideva di volerli fare. Sì, De André era uno spirito libero nei fatti, prima che nei testi delle sue canzoni. Un’anima salva.

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GIORGIO GABER

«Ultimamente succede una cosa che una volta non accadeva», ha raccontato Gaber in una delle sue ultimissime interviste. «Cioè, una volta io sapevo perché la gente veniva a teatro. Più o meno individuavo un pubblico che alla fine degli spettacoli usciva, pieno di dubbi, diviso, con una voglia di discutere i temi dello spettacolo, a favore... pro o contro... Adesso io non conosco il pubblico che viene a vedere i miei spettacoli. So che viene, perché effettivamente i teatri sono pieni, però non so bene che tipo di pubblico venga. So che alla fine, invece di essere diviso, il pubblico è molto unito. E quindi si è venuta a capovolgere la situazione.»

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